Nelle primissime ore del 31 agosto scorso, la scomparsa di Alberta Levi Temin, decana della Comunità ebraica di Napoli
Testimone di pace e di dialogo
Nelle primissime ore del 31 agosto scorso, Alberta
Levi Temin, decana della Comunità ebraica di Napoli,
ha lasciato questa terra. L’ha fatto con
discrezione, con la serena e cosciente
consapevolezza che altri scenari si stavano aprendo
alla sua anima. L’ha fatto circondata dall’affetto
di tutti i suoi cari e di quanti, tantissimi, hanno
avuto la fortuna di poter godere, nel corso del
tempo, del suo affetto e della sua amicizia.
Una donna
straordinaria, una vita incredibile la sua, ma
vissuta sempre con levità. Il 25 settembre prossimo
avrebbe compiuto 97 anni, ma sebbene provata
fisicamente aveva tuttora una mente acuta e
penetrante.
Se dovessi dire una
delle qualità che di Alberta mi hanno maggiormente
colpito, nel corso del tempo, non avrei alcun dubbio
a soffermarmi su quel suo essere eternamente
giovane, nel cuore e nella mente, per cui si nutriva
di quella freschezza esistenziale che le permetteva
di vedere sempre oltre l’immediato presente, di
cogliere squarci di speranza e possibilità là dove
altri vedevano solo ostacoli e difficoltà.
Una vita profetica la
sua, incentrata su due assi portanti: il dialogo e
la pace, caratteristiche proprie di un’anima matura.
Una maturità forgiatasi
nel crogiuolo di esperienze durissime e devastanti,
ma che in lei, testimone della Shoah, scampata a
Roma, la notte del 16 ottobre 1943, alla prima
deportazione degli ebrei dall’Italia, si sono
trasmutate in linfa vitale, in un amore per la vita,
in tutti i suoi aspetti, che contagiava chi ha avuto
la fortuna di incontrarla.
Fondatrice, con altri,
dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Napoli, voluta
nell’86 dall’allora Cardinale Corrado Ursi, ha
riversato copiosamente il suo agire e le sue energie
nell’Associazione, vista come la punta avanzata del
rinato dialogo tra ebrei e cristiani.
Ne ha animato e
sostenuto le tante attività e iniziative, con
entusiasmo e passione, ben consapevole dell’estrema
importanza di tene-re sempre vivo un dialogo così
fondamentale sia per la fede ebraica che per quella
cristiana. Sempre molto attiva, dagli anni ’90, al
diffondersi delle prime voci di revisionismo storico
che cercavano di negare la tragedia e la tragica
dimensione della Shoah, ha iniziato a dare la sua
testimonianza nelle scuole di ogni ordine e grado,
comuni, comunità, associazioni dell’intera Regione,
per ribadire la verità dei fatti storici.
Convinta che solo il
dialogo e la conoscenza reciproca potessero offrire
un futuro di pace, ha continuamente ribadito che il
rispetto di tutte le diversità e l’unità nella
diversità sarebbero dovuti essere i percorsi
obbligati in un mondo sempre più multiculturale e
multireligioso che, attraverso il dialogo, diviene
interculturale e interreligioso, sì da avviare
percorsi virtuosi per lo stabilirsi della pace e
della giustizia nell’intera famiglia umana. Sono
decine di migliaia i giovani, ma non solo, che hanno
ascoltato la sua esperienza.
Sono sicuro che coloro
che sono stati fecondati dal suo parlare profondo e
denso, non potranno che portare a maturazione ciò
che di tanto prezioso hanno ricevuto nell’ascoltarla
e nell’incontrarla. Fino alla fine della sua vita ha
continuato a ripetere: «finché ho fiato voglio
parlare per chi non può più parlare».
Rosetta Loy nel suo
libro La parola ebreo
ed. Einaudi, racconta la sua storia. Gli studenti
della scuola media “De Curtis” di Casavatore hanno
scritto La storia di Alberta e
il senso della memoria edito da Loffredo;
testo che è stato adottato in molte scuole. A lei è
dedicato il volume Shoah
mistero di Dio-mistero dell’uomo di Lucia
Antinucci e quello di Giuseppina Luongo Bartolini,
Ebrei a Benevento.
Nel gennaio 2006 la ESI
ha raccolto in un volume, curato da Annalisa
Accetta, Poesie per Alberta,
le più belle poesie scritte dagli scolari dopo aver
ascoltato la sua esperienza ed il messaggio di
speranza che ne traspare.
Educare alla pace,
partendo da una personale esperienza di
emarginazione e di dolore, forgia uomini e donne
attenti a: “Non fare agli altri ciò che non vorresti
fosse fatto a te”, così come recita la sapienza dei
testi sacri di tutte
le religioni e quella
laica, regola cui sempre Alberta ha fatto
riferimento.
All’interno della
Comunità ebraica, non solo italiana, Alberta si è
sempre posta come prezioso testimone di pace e di
dialogo, di ponte verso l’altro da sé. Ha lavorato
attivamente per realizzare il primo incontro
ufficiale, a Napoli, tra ebrei e palestinesi, alla
presenza di Istituzioni (Regione e Comune) e di
scolaresche.
Ha sostenuto
attivamente il progetto Saving Children (del Centro
Peres per la pace) per far curare bambini
palestinesi in strutture israeliane.
Per la sua opera ha
ottenuto numerosi premi e riconoscimenti: nel 2003,
il Comune di Arzano le ha attribuito la cittadinanza
onoraria; l’11 dicembre del 2006, la Regione
Campania, le ha conferito il “Premio per la Pace ed
i Diritti Umani”; nel 2009, dal Comune di Cavriago
(RE) ha ricevuto il Premio
Dossetti, dal Comune di
Napoli la Targa della Città di Napoli e dal Comune
di Benevento il Premio Fraternità; il 28 gennaio del
2010 e su iniziativa dell’AEC di Napoli, per il suo
novantesimo compleanno, l’artista tedesco Gunter
Demnig ha installato, a Roma, in via Flaminia 21,
tre pietre di inciampo (stolpersteine), nel
marciapiede prospiciente il palazzo da dove furono
prelevati i suoi zii e suo cugino, per essere
deportati nei campi di sterminio nazisti. Nel 2011,
con Diana Pezza Borrelli, di religione cristiana
cattolica, ha ricevuto il Premio Mediterraneo per la
Solidarietà Sociale. Se potesse sentirmi, le direi:
“cara Alberta ti ringrazio per tutto quello che ci
hai dato e, dalla dimora di pace e amore nella quale
ora ti trovi, continua a spronarci alla ricerca del
Vero, del Bello e del Buono”.
Francesco Villano
Presidente
dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Napoli
(Da
Nuova Stagione, del
11/09/2016, pagina 2, attualità)
domenica 11 settembre 2016
